In un tragico incidente a bordo del suo elicottero, perde la vita una delle più grandi figure della pallacanestro di ogni tempo. A lui si sono ispirati Roger Federer, Neymar, Serena Williams. Il ricordo di Michael Jordan :” In lui ho sempre rivisto il risvolto di me stesso”
Le lacrime di Lebron James, che per curiosa coincidenza lo aveva superato la notte prima. Kobe Bryant ci ha lasciato troppo in fretta, come era abituato a fare durante gli intervalli alla Stapleton Arena, per avere il modo di organizzare la migliore tattica possibile assieme all’ amico fraterno, Shaq O’Neal. Un elicottero che prende improvvisamente fuoco, a Calabasas, periferia nord – ovest della metropoli californiana. A bordo ci sono nove persone, tra queste Kobe con la figlia Gianna. Non avranno scampo. Lebron, fresco di nuovo record nella storia dei più grandi marcatori NBA di sempre, é appena giunto a Los Angeles da Philadelphia, teatro dell’ impresa : 29 punti per griffare quota 33655 e superare proprio il Kobra, 33643 punti in 1346 gare disputate. Tutte con la leggendaria divisa oromalva dei Lakers. KB24, questa era la sigla con cui veniva presentato questo talento fulgidissimo, la cui famiglia era già tutta una predestinazione. Suo padre, Joe Bryant, ala di buona velocità e tecnica brillante, che stravedeva per Wilt Chamberlain. La mamma, Pamela Cox, sorella del grande Chubby “Smash” Cox, scopritore di centri divenuti leggenda a loro volta : Wes Unseld, Artis Gilmore, Robert Parish. Il piccolo Kobe cresce in Italia tra Rieti e Bologna, lo zio Chubby chiude col pallone a spicchi nel 1983, proprio a poche settimane dal debutto di Kobe in una partita ufficiale di pallacanestro. É già alto 1,76, quando scende in campo e perde. Cerca troppo il tiro, é egoista, non difende: le critiche sono impietose. Bryant inizia a parare i colpi con spaventose sedute di pallone medico in palestra e ripetute che lo rendono sempre più veloce. Incredibilmente veloce. Cresce in Italia sino al 1996, quando viene scelto da Charlotte. Gli Hornets sono una squadra ambiziosa, ma suona più forte la sirena della West Pacific: può andare in porto lo scambio clamoroso con Vlade Divac, e l’ operazione di mercato si fa. I Lakers non hanno più bisogno del Conte di Jugoslavia, é arrivato Shaquille O’ Neal, giocatore dal fisico debordante, 2 metri e 18 per 143 chili di potenza allo stato puro. Sotto la guida di Shaq, Kobe affina le sue esperienze difensive, si distingue come recuperatore di palloni, sino a diventare leader. Si ispira ad Air Michael Jordan che nel 2010 dirà : “In Kobe ho rivisto il risvolto di me stesso”. Il biglietto da visita sarà il dump shot, il tiro in sospensione che a Los Angeles lo renderà immortale. Coordinazione sopraffina, frustata scioltissima che non lasciava scampo. Il morso mortale del Black Mamba, soprannome scelto da Kobe dopo avere visto più volte Kill Bill al cinema. “Mi informai a lungo sulle caratteristiche di questo serpente, capivo che erano le stesse del mio gioco”. Da Kobra, Bryant diviene così Black Mamba. Scivola alle spalle del blocco per piazzare il suo tiro sempre più letale : in carriera sarà per 25 partite oltre i 50 punti realizzati, il 22 gennaio 2006 il suo giorno più grande, con la firma di 81 punti ai Toronto Raptors. Cosa mancherà di lui? “La capacità di sapere sempre accendere la luce fuori e dentro uno sport che é stato tutta la sua vita” ha detto l’amico fraterno Roger Federer dall’ Australia. La sua maglia, numero 24, per un giorno brillera’ più di quelle altrettanto leggendarie, di Kareem Abdul Jabbar e Magic Johnson. E forse anche Dio, quello del basket, proverà un brivido. Ciao Kobe, buon viaggio Black Mamba.