lunga chiacchierata con colui che ha sviluppato anche nel nostro Paese un metodo nato in Germania
…Incontrare il Dott. Anglana per menti curiose come la mia è come vincere al Superenalotto visto che si tratta di un amico di cui ho un’altissima stima.
Nato il 19 febbraio 1952 a Roma, Dottore con laurea in medicina all’Università La Sapienza di Roma – Specialista in ostetricia e ginecologia – chirurgia – e medicina dello sport. Ha conseguito un Master in management in sanità alla Scuola Direzione Aziendale Bocconi. Responsabile medico Della Aurora Nuoto di Roma. Docente di Brain Kinetic.
Autore di due libri: “Trattato di patologia vulvare” e per la parte inerente al Brain Kinetic “Il calcio a misura dei ragazzi”, libro di Horst Wein e Marcello Nardini diventato guida essenziale della Federazione Reale Spagnola di calcio e di quella tedesca.
Ha vestito la maglia azzurra con la nazionale italiana di Hockey per cui è stato insignito della medaglia di bronzo al valore atletico.
Ciao Franco come stai?
Bene Marco, e tu? è un piacere sentirti.
Allora Franco, stavo rileggendo i dati su di te, sei un ginecologo, dottore in medicina dello sport, ex azzurro di hockey, docente di Brain Kinetic, tuo figlio gioca a rugby, ma perché ti ho chiamato per l’intervista?
Si vede che sono la persona ideale per allenare le donne, ora va di moda la medicina di genere, infatti i farmaci che si danno agli uomini non sono gli stessi che per le donne, ma a parte gli scherzi ho queste due nature: una scientifico medica e l’altra che nasce dalla passione di occuparmi di tecniche di allenamento avanzato, quindi credo che il Brain Kinetic sia quella che risponde di più a questa esigenza.
Spieghiamo un attimo, ai nostri lettori, che cosa è il Brain Kinetic.
Sono tutte quelle metodiche atte a sviluppare le capacità del nostro cervello e ad associarle all’ambito dello sport, essendo capacità cerebrali possono essere applicate ad ogni sport indistintamente, adattando delle modulazione alle tecniche specifiche che ogni disciplina esprime.
Parliamo quindi di sinapsi, della loro connessione da un emisfero all’altro del nostro cervello?
Nell’ambito del bambino in via di sviluppo cerchiamo di sviluppare tutte quelle attività cerebrali che poi vengono fissate nel cervello, con la maturità i neuroni continuano a crescere solo in alcune aree deputate al controllo delle emozioni, lavoriamo, quindi sul rapporto tra i neuroni stessi, cioè sulle sinapsi cerebrali, cercando di sviluppare quella rete infinita di collegamenti che rendono poi l’atleta più efficiente.
Praticamente, in parole povere, il nostro cervello funge come la base di una rete elettrica?
Semplificando sì, praticamente cerchiamo di collegare il lobo destro del nostro cervello a quello sinistro, il lobo logico a quello analogico, il lobo dell’esecuzione a quello della creatività.
Come sai sono un estimatore del Brain Kinetic,ed uso queste tecniche in fase di primo riscaldamento. Ma “scaldare il cervello e lavorare per rendere il giocatore più intelligente che soddisfazione regala ad un allenatore?
Fondamentalmente crea giocatori più intelligenti, più autosufficienti, che risolvono autonomamente i problemi senza bisogno della guida continua del coach, insomma si crea un giocatore autosufficiente dal punto di vista decisionale.
Se non mi sbaglio questa è la base di tutto il lavoro di Horst Wein, vi siete proprio incontrati ad hoc, ex hockeisti che stanno facendo il bene del calcio.
E’ stata proprio l’idea geniale di Wein di coniugare due metodiche, la sua, dello sviluppo graduale del bambino seguendo i suoi tempi, i suoi spazi, seguendo le sue prerogative principali. A questo punto inserire il lavoro delle attività cerebrali del Brain Kinetic è stato proprio uno sposalizio alchemico.
Come ben sai, quando alleno, uso la metodologia di Wein almeno nell’80% del mio lavoro, l’ho portata in Promozione, Prima e Seconda Categoria, in Juniores, e sempre ho ricevuto un feedback anche da ragazzi più maturi, molto positivo. Cos’è che affascina così tanto il giocatore allenandosi così?
Il fatto è che questo metodo è applicabile sempre in quanto non è che un frattale del gioco del calcio, agendo per frattali, cioè per parti del tutto, se tu prendi un’esercitazione qualsiasi di Wein, ti accorgi che in campo avvengono con gli stessi tempi, gli stessi spazi, le stesse accelerazioni e decelerazioni, le giocate che si hanno in partita, è in piccolo una frazione del gioco. Il secondo elemento è che sono tutti modi di interpretare il gioco sempre divertendosi, in forma ludica, gioiosa che fa sì che i giocatori facendo allenamenti che non rispecchiano la partita di per se stessa, si divertano.
Praticamente con Funino e Formino (calcio 3vs3 e 5vs5 con 4 porte) andiamo a replicare le stesse situazioni di gioco che avverrebbero in una porzione di campo uguale a quella dei giochi in questione, con anche lo stesso numero di giocatori?
Non solo, ma con intensità maggiore, superiore alla media, ed abituandosi a giocare così in partita tutto rimane più semplice perché i ritmi sono più blandi. Non solo la velocità ma anche l’intensità, cioè la frequenza di palloni che giochi nella frequenza del tempo sono maggiori.
Qualche giorno fa ho intervistato uno dei formatori di allenatori che apprezzo di più, tra quelli di Coverciano, addetti a trasmettere il “sapere” ai corsisti dei corsi Uefa A e B della federazione, e mi ha risposto sulla nostra metodologia “ non mi piace perché è irreale è illogica, il gioco è di chi lo gioca, è dei giocatori, loro devono trovare le soluzioni di volta in volta a seconda delle situazioni noi allenatori possiamo solo definire l’alfabeto i principi di gioco che possono aiutare i giocatori a parlare la stessa lingua e quindi ad avere maggiori possibilità di trovare le soluzioni più efficaci “ non credi che predichiamo gli stessi concetti?
Fondamentalmente ha risposto come se parlasse del nostro metodo, proprio perché noi cerchiamo di rendere il giocatore più indipendente possibile e l’allenatore è solo una guida, oltretutto con il Brain Kinetic ci si abitua a giocare delle situazioni di gioco con delle complicazioni che nel gioco non esistono, facendo trovare chi gioca molto più pronto a risolvere il problema in partita, perché quello che gli si pone durante il match è molto più semplice di quello allenante. La federazione in effetti ha introdotto ultimamente dei concetti a noi cari nell’ Uefa B, ma sai benissimo che un intervento chirurgico non si copia da un libro, ma lo si fa guardando il chirurgo che opera
Dimmi Franco, ma in serie A, c’è qualche allenatore che rispecchia il nostro modo di intendere il calcio, per come fa giocare la squadra?
Penso che quello più vicino sia Giampaolo, so che ha contattato anche Marcello, (Nardini – prosecutore testamentale della metodologia Wein ndr) e vorrebbe anche avviare un discorso con noi e so che per un certo tempo ci è stato anche vicino, per un certo punto di vista, però ancora non siamo riusciti ad avviare una collaborazione stretta.
Senti Franco, parlaci un po’ di questo, capisco il rugby che per certi aspetti è similare al calcio, nel Basket con la gestione degli spazi riesco a capire, ma nel tennis come riesci ad applicare il Brain Kinetic? Forse a livello di concentrazione, per riuscire a formare un giocatore più pronto a rispondere al colpo dell’avversario?
Sì, praticamente si lavora su tutte le capacità inerenti alla vista, e alla risposta rapida all’evento imprevisto ed anche alla gestione dello spazio-campo, ad esempio si lavora con il giocatore cieco (bendato) a cui si da l’imput di andare a toccare certe zone del campo, per vedere se riesce ad essere perfetto nei passi per raggiungere certe linee, oppure facendogli arrivare palle di diverso colore dicendogli solo all’ultimo momento quale deve colpire, oppure dando dei target al campo, numerici o colorimetrici e chiedendo all’atleta, solo all’ultimo momento, quale tipo di target colpire.
Ritorniamo alla filosofia di Horst, un allenatore che sposa le sue idee facendone una filosofia propria, adatta ai principi di gioco in cui crede, non credi che si ritrovi a sviluppare, nel tempo una maggiore capacità pensante?
Se fai pensare gli altri, devi pensare prima tu, e quindi si è costretti a sviluppare tutte le capacità intellettive prima, per poi poterle trasmettere agli altri, e bellissimo è imparare dall’atleta che va oltre le tue concezioni, diventando, l’atleta stesso, il tuo maestro, da qui la crescita del coach è continua.
Quindi, come Pietro, abbiamo posato una pietra importante per aggiungere cultura allo sport?
Teniamo presente che in un settore giovanile, avrai giocatori che andranno a fare la carriera sportiva, ma anche quelli che andranno all’Università, andranno a fare mestieri e arti, tu come allenatore hai contribuito a creare un essere pensante, autosufficiente, etico, inserito in un gruppo e capace di gestire i rapporti con gli altri hai creato una persona che nella società si inserisce benissimo, poi tra i tanti , forse, uno o due faranno la carriera calcistica, ma tu il risultato lo hai ottenuto eccome.
E’ difficile allenare secondo la filosofia Wein?
Certo che è più semplice dare istruzioni, la responsabilità di far arrivare il giocatore a capire la complessità del gioco è molto più alta, è più impegnativo bisogna mettersi in discussione continuamente, perdendo, oltretutto il ruolo di protagonista anche se lo si rimane dal punto di vista effettivo non lo si è da quello visivo.
Ora, quanto è stato difficile perdere fisicamente Horst? E come è il cammino con Roberto Baggio che ha sposato la nostra filosofia?
Horst, lo capisci da te, era un personaggio che ogni due giorni inventava un’esercitazione nuova e ne cambiava una vecchia e che aveva alla sua età lo stimolo continuo a crescere e a migliorarsi mettendo in discussione tutto quello che si era fatto per trovare nuove strade, nuove avventure, ci ha lasciato l’eredità di non ritenere niente per scontato, e il dovere di studiare sempre esplorando nuovi campi, nuovi territori di sviluppo nel gioco, nel ritmo, del senso tattico. E’ stata una perdita enorme, quanto è stato geniale ad intuire certe cose che le neuroscienze stanno dimostrando adesso. Per quanto riguarda Roberto Baggio ha una mentalità molto aperta, e quindi, chiaramente, è stato l’elemento di passaggio indispensabile perché da campione non si sente arrivato, ma esplora nuovi territori cercando di portare nel calcio tutta la sua grande esperienza, tutto il suo carisma abbracciando una filosofia moderna, il vecchio e il nuovo si uniscono per il bene del calcio.
In che modo possiamo invitare gli allenatori di qualsiasi sport ad esplorare il Wein- pensiero? E perché lo dovrebbero fare?
Per quanto riguarda i settori giovanili, il Wein-pensiero fa crescere i ragazzini dotati di una gande capacità di socializzazione, rispettosi delle regole, ma soprattutto liberi nelle regole. Grazie al Brain Kinetic si trovano ad affrontare qualsiasi problematica con un cervello aperto, rapido, dinamico, questo abbinamento porta lo sport ad un livello sicuramente superiore sia nel bambino che nell’adulto. Fino ad ora queste tecniche sono state applicate non interamente, il metodo deve essere usato completamente non a macchia di leopardo, ripeto devono essere sviluppate tutte le attività cerebrali che sono: sviluppo dell’occhio meno abile, senso spaziale interno,senso temporale interno, risposta rapida all’elemento imprevisto,ritmo, musica, dissociazione degli arti, che sono fondamentali per crescere dal punto di vista sportivo.
Grazie Franco, è sempre affascinante sentirti parlare, sei stato gentilissimo, è un onore averti intervistato per Coachmartinionair.
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