Aio oio e peperoncino? Si ma quale piccantezza?
Quella sensazione forte e penetrante tipica dei peperoncini è data da una molecola chiamata capsaicina.
Si tratta con buona probabilità di una sostanza prodotta da alcuni generi di piante per risultare meno appetibili per gli animali. In effetti, messa in questi termini, non è strano che molti di noi non apprezzino questa sostanza, tanto che alcuni addirittura non possono vedere un peperoncino nemmeno col cannocchiale. Ma c’è anche tanta gente che il peperoncino lo adora, come giustificare questo fatto?
Alcuni studi sostengono che ognuno di noi tolleri le molecole piccanti in modo diverso mentre altre ricerche confutano questa ipotesi, optando per una diversa visione delle cose: potrebbe non esserci alcuna differenza nella sensibilità tra spicy lovers e spicy haters e che non sia nemmeno possibile “allenare” la tolleranza al piccante ma il dibattito è ancora aperto.
Seguendo questa scia, semplicemente chi adora il piccante apprezzerebbe la sensazione di fuoco muy caliente che provoca, anche se in un certo senso è un dolore vero e proprio. Dietro a questo apparente masochismo ci sarebbero delle reazioni chimiche che inducono la produzione di endorfine, una particolare categoria di sostanze chimiche che ci aiutano a sopportare meglio il dolore e che influiscono positivamente sul nostro umore. Mangiare peperoncini potrebbe quindi farci soffrire all’inizio ma poi regalarci un’intensa sensazione di piacere.
A differenza di dolce, salato, amaro, umami e via dicendo, la piccantezza non è un vero gusto quanto piuttosto una sensazione dovuta al contatto della capsaicina con alcuni recettori chiamati nocicettori polimodali. Sono dei particolari punti presenti sul nostro corpo estremamente sensibili agli stimoli dolorifici, in grado di acquisire informazioni dall’esterno e segnalare un potenziale pericolo. Sono gli stessi recettori di allarme che si attivano ad esempio quando sperimentiamo il caldo estremo… ecco perché quando mangiamo qualcosa di piccante abbiamo la sensazione che la bocca bruci!
Ma non tutti i cibi sono piccanti alla stessa maniera né pizzicano negli stessi posti.
Avete mai fatto caso che il wasabi, la senape, la radice di rafano e di zenzero pizzicano nel naso piuttosto che nella bocca? Il contrario invece avviene con i peperoncini che bruciano in gola, sul palato e sulla lingua. Questo perché le diverse molecole piccanti hanno particolari dimensioni e strutture chimiche che le rendono più o meno volatili. Quelle più leggere come la peperina, lo zingerone e l’isoticianato di allile – molecole tipiche rispettivamente del pepe, dello zenzero e del wasabi/rafano – risalgono dalla bocca verso l’alto, raggiungono il retro del naso e lo fanno bruciare tutt’un colpo. Esiste una scala chiamata scala di Scoville che misura il grado di piccantezza di un cibo calcolando la quantità di capsaicinoidi che contiene. La scala è stata ideata nel 1912 dal farmacista americano Wilbur Scoville e da quel momento è diventata piuttosto famosa in tutto il mondo. Ad oggi grazie ad una tecnica chiamata cromatografia liquida ad alte prestazioni si misura la quantità di capsaicinoidi presenti nei singoli alimenti e si procede poi a convertire i valori ottenuti in unità chiamate Scoville Heat Units .
Alla base della scala a livello zero troviamo il classico peperone, a 2000-50.000 unità c’è l’Jalapeño, a circa 250.000 unità l’Habanero e via dicendo. Secondo questa scala il peperoncino più piccante in assoluto è il Carolina Reaper (1.5-2.2 milioni di unità) seguito in posizione due dal Trinidad Moruga Scorpion (1.5-2 milioni di unità). Se non siete esperti mangiatori di peperoncini tenetevi alla larga da queste qualità.
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