Genesis, più Phil Collins, meno Progressive
Ormai è un dato di fatto, più i Genesis si allontanano dal progressive rock di cui possono considerarsi una delle band più importanti e seminali, e più aumenta il loro successo. Il cambiamento è stato dettato anche dall’inaspettato successo del primo album solista di Phil Collins, intitolato “Face Value” ed uscito nel 1981, un album che ha consacrato Phil Collins e di conseguenza i Genesis fra le star della musica rock. Che agli inizi degli anni ’80 il progressive rock stava diventando obsoleto è vero, molte band stavano attraversando periodi nerissimi, le più coraggiose, come i Genesis e gli Yes rivitalizzarono le loro carriere con album che con il progressive rock avevano poco a che fare. Ma mi sorge un dubbio atroce: come mai, mentre Genesis e Yes nel 1983 imboccavano la strada del pop rock, sdegnando i fans di vecchia data, nello stesso tempo, in una cantina di Aylesbury cinque baldi giovani, cresciuti proprio con le sinfonie di Foxtrot e The Yes Album, decisero che era l’ora di smettere di suonare cover dei loro idoli e iniziare a comporre propria musica, cercando di rivitalizzare quel progressive rock a loro tanto caro e dato ormai per defunto? Pochi mesi prima che i dinosauri del rock scalassero le classifiche con i loro rispettivi album, i Marillion davano nuova linfa alla musica progressive con il capolavoro “Script for a Jester’s Tear“, attirando l’attenzione dei media e dando vita ad una nuova ondata di musica progressive, denominata appunto neo progressive. Quindi è ben chiaro che la musica progressive stava tornando lentamente di moda, spazzando via l’effimero regno del punk, come era giusto che fosse. Allora come mai i nostri non hanno voluto fare un passo indietro, tornando a suonare quello per cui erano nati? Gli Yes, invero, in qualche maniera sono tornati al progressive nel corso degli anni, e devo dire anche con ottimi risultati, riuscendo a recuperare gran parte dei fans persi per strada. I Genesis invece no, anno dopo anno continuavano imperterriti nel loro nuovo cammino, deludendo sempre di più in fans che avevano stregato nella prima metà degli anni ’70. Sicuramente le uscite di Steve Hackett prima e di Peter Gabriel dopo, hanno contribuito non poco al brusco cambio di rotta dei Genesis, anche se è doveroso sottolineare che il Cantastorie Di Chobham non è che abbia dato un seguito a “Foxtrot” o “The Lamb Lies Down on Broadway” con la propria carriera solista. Ma queste sono considerazioni che lasciano il tempo che trovano, ora siamo qui, nel fior fiore degli anni ’80, a parlare dell’album in studio numero dodici dei Genesis. Ovviamente anche il tour a supporto di “Abacab” fu un successo, un vero e proprio tour de force, se si considera che i nostri fecero oltre sessanta date per il Mondo in poco più di due mesi. I molteplici sold out costrinsero i nostri a bissare una buona parte delle date. Una volta terminato il giro del Mondo, i nostri non si dedicarono subito ad un nuovo lavoro dei Genesis come ai vecchi tempi, ma dettero nuova linfa alle loro carriere soliste. A differenza del passato, dove i vari componenti portavano brani praticamente già pronti su cui lavorare, stavolta le composizioni vennero sviluppate in piena armonia da tutti e tre gli elementi, basandosi su qualche idea che i nostri avevano nel cassetto e proponevano in studio.