A 15 anni dalla sua morte, la straordinaria artista romana vista da un’ Italia che mai è riuscita ad amarla. Quelle similitudini con un’altra vittima della depressione, Mia Martini, ed il ricordo di Zaza’ nella sua immagine malinconica.
Gabriella Ferri, quindici anni dopo. Tre lustri di distanza da quel 3 aprile 2004 in cui l’anima di Trastevere, quel quartiere madre e matrigna in cui era nata, decise di togliersi da mezzo.
“Zaza’ c’è riuscita” raccontò allora Leoncarlo Settimelli sulle pagine di un autorevole quotidiano. Settimelli era stato uno dei migliori amici di Gabriella nell’ ultimo periodo di vita dell’artista, da quando in quel per lei drammatico anno 1981 aveva deciso di farla finita con il canto. “Ha scavalcato una balaustra, era a Corchiano sabato sera. É stata portata morente all’ Ospedale di Civita Castellana e poi al San Camillo di Roma dove è giunta ormai priva di vita…”.
Roma, la sua Roma. Gabriella Ferri la amava quasi in modo riverente; eppure la fuggiva. Dall’ età di 35 anni aveva deciso nel suo cuore, di avere paura di vivere. Da tempo non aveva più voglia di incontrare gente, qualcosa che per lei era una sofferenza.
“Di lei si estrasse solo la sua grande vena di pittrice musicale. Non aveva necessità di cantare sul palco. Era nata al Testaccio, bionda, sottile e bellissima, aveva pure messo un duo insieme a Luisa De Santis, figlia di Giuseppe, quella di Riso amaro” ha spiegato lo stesso Leoncarlo Settimelli, promotore dell’associazione Gabriella Ferri per sempre.
“Era una donna che faceva suscitare troppi cuori con la sua bellezza e i suoi sogni, ed anche per questo fuori dai confini di Roma era guardata con una sospettosa fatalità. Le due ragazze, Gabriella e Luisa, cantavano a voce spiegata canzoni da osteria e stornelli romaneschi, e non potevano passare inosservate “.
Perché Gabriella Ferri ha attraversato così presto il firmamento dell’ arte? “Forse anche per un decidere cerebrale. Aveva sempre fatto parlare il cuore ma a 18 anni Camilla Cederna se la porto’ a Milano presentandola al maestro Intra che la fece cantare nei localini di Brera”. É il 1962, un anno dopo lo sguardo malinconico di Gabriella é alla Fiera dei Sogni di Mike Bongiorno in cui regala la sua prima perla: La Società dei Magnaccioni, canto popolare ottocentesco che stravolge gli schemi e urla alla civiltà del progresso preindustriale: E’ mejo er vino de li Castelli che questa zozza società.
Al di la’ della sua apparenza, Gabriella convive con una prigionia di fatto. Saluta con un sorriso il successo di Alla Renella, che vende un milione e 700 mila copie, di Sciuri Sciuri e Vitti Na Crozza, canzoni popolarissime del folk dialettale siciliano, e nell’ anno successivo una pagina di struggente poesia con La povera Cecilia ed E’ tutta robba mia.
Gabriella Ferri però non può vivere a contatto con chi vuol sapere tanto e tutto. La personalità forte di Luisa De Santis porta allo scioglimento del duo, delusione nascosta da un avvicinarsi progressivo ad altri esponenti del folk come Otello Profezio. Fugge in Canada ma anche a Montreal e a Toronto i tantissimi emigrati italiani si aspettano di vederla col costume regionale. Il vedere una stangona in minigonna fu un mezzo choc.
L’altro contraccolpo distruttivo per Gabriella fu la precoce fine del matrimonio con un funzionario Ministro degli Esteri che l’aveva portata a vivere in Africa. La Ferri adorava esperienze di conoscenza, ma non poteva reggere la personalità vistosa di quell’ uomo: fu bollata. Si risposo’, con un dirigente della RCA che tre mesi dopo inizio’ ad accusarla di passare ripetute notti brave a New York.
“Poteva combattere la vita padrona della vita solo essendo più grande di sé, ma non vi riusciva – ancora Leoncarlo Settimelli -. Divenne artista di punta del Bagaglino nel 1966 e volle tentare l’avventura sanremese, unica apparizione al Festival in tutta la sua vita, con Se tu, ragazzo mio. Fu un fiasco “.
Gelata da questo non sense di un pubblico che l’aveva attesa con osanna per poi crocifiggere il suo status di artista troppo fatale, la Ferri non può che rifugiarsi nell’ amore della sola città che la vede quale è. La canzone romanesca rinasce con Sor Fregnone. “Scritta dalla Ferri su musiche di Vittorio Nocenzi del Banco del Mutuo Soccorso e Sinno’ me moro, musiche di Pietro Germi per il film Un maledetto imbroglio.
Non voleva farsi sfuggire il treno della vita, Gabriella. Questa sera Gabriella Ferri, Dove sta Zaza’ nel 1973, Il Circo delle Voci nel 1974 e Mazzabubu’ nell’anno successivo, dove l’artista ci lascia una delle più grandi poesie della carriera: Sempre.
“Il fisico irrobustito ne fecero una nuova Mamma Roma che teneva testa a Claudio Villa in una trasmissione divenuta culto ed un genere che non é solo voce ma aspetto. La Ferri si appropriava di canzoni vecchie e nuove trasformandole in macchiette nelle quali però non vi è imitazione di vecchi artisti napoletani ma l’ espressione di una personalità esuberante ed irrefrenabile “. Voci discordanti e perfino chi le dà della” mignotta rincivilita” : sono i segnali di quel conflitto di interesse tra una vita che esige e una depressione sempre più martellante. Decide di non cantare. Ma perché Gabriella Ferri decise di non cantare?
Anno 1981.Lascia l’Italia, torna in America. La trova vuota, i falsi amici hanno fatto terra bruciata. Il suo ultimo concerto a Villa Calmontana, davanti a settemila persone, è uno strazio. “Vedemmo una Gabriella straziata dentro, ingrassata, con il suo spirito che se ne andava”.
L’ hanno dimenticata presto, finiranno per non farlo più. La Ferri è stata il cantore di una città martoriata dalla modernità preindustriale, di Tanto pe’ canta’, Barcarolo romano, Affacciate Nunziata, Quanto sei bella Roma e Casetta de Trastevere. E di Tutti Ar Mare, la canzone nostalgica il cui refrain ripetuto fino alla noia evoca il fantasma di un tempo perduto per sempre.
Gabriella, come Mia Martini, ha inseguito questo tempo, lottando contro forze troppo grandi e determinate per loro. Ha perso perché come Mia, nessuno ha guardato al presente, ma ha preteso dal passato cancellandolo. E a distanza di 15 anni, anche il suo ricordo è una pagina rilucente cui però non si vuol più conferire il necessario calore.